venerdì 8 febbraio 2013

      Buongiorno a tutti e a tutte! Oggi vorrei parlare di due filoni maggiori nel mondo dell'illustrazione: narrazione e commento.


A volte non è facile orientarsi


       Premessa. Questo post, come in generale il blog Mutuo e Pennelli, é dedicato principalmente a chi, ora, si trova nella situazione in cui ero io qualche anno fa: avendo una formazione artistica di base, volevo affacciarmi sul mondo editoriale, senza saper bene da che parte girarmi. Mi ricordo un piccolo episodio un pochino imbarazzante, ma che mi insegnò molto: stavo parlando con un fumettista affermato, in occasione di una premiazione in quel di Cavriago, a Reggio Emilia. Gli dissi, tutta fiera, che volevo fare l'illustratrice. Ah, bene, mi disse. E in che settore?... non ne avevo la più pallida idea.   Balbettai qualcosa e vidi nei suoi occhi la frase "povera idiota".
       Al di là della confusione, all'epoca avevo la presunzione che saper disegnare equivalesse a saper illustrare. Sbagliato: saper disegnare é solo una piccola parte del lavoro di illustratore. E' come avere un' armatura in dispensa e pensare, per questo, di essere già un cavaliere. Ma se non siamo in grado di cavalcare, tenere la lancia e la spada etc, avremo vita breve contro er cavajere nero.


       Illustrare, letteralmente, significa "dare lustro" (a un testo scritto). Abbellire. Supportare la narrazione. Pensate a tutti gli affreschi, le pitture murali e i dipinti, specialmente quelli a tema religioso o storico: ci mostrano il Faraone che si sottopone alla prova della piuma. Ci mostrano la resurrezione di Gesù, o quel che accadde in una certa battaglia. Non a caso, gli affreschi nelle chiese dei primi secoli erano detti "biblia pauperum": la Bibbia dei poveri. Chi non sapeva leggere e/o non capiva il latino (diamogli torto) poteva imparare la dottrina cristiana guardando le immagini dipinte. Narrazione senza parole. La Cappella Sistina stessa è un insieme di tante, magnifiche ed enormi illustrazioni. 
       Rispondete questo a chi vi guarda con sufficienza quando dite che volete fare l'illustratore.






      Giungiamo ai giorni nostri: ora che la quasi totalità di popolazione occidentale, ormai, sa leggere, l'illustrazione si é arricchita enormemente. Lungi dal diventare obsoleta, si é scrollata di dosso la necessità educativa, la pedanteria del "si fa così e così",  e si é arricchita di mille nuovi stimoli estetici e filosofici, e in moltissimi casi la personalità dell'autore é determinante. Basta farsi un giro su siti come IllustrationMundo per farsene un'idea. Il discorso é questo: 

dove c'é parola scritta, può esserci illustrazione

ma anche: 

L'illustrazione, da sola, può sostituire la parola scritta.


       Quotidiani, riviste di tutti i tipi, libri scolastici, libri di lettura, album illustrati, romanzi, opuscoli informativi, newsletter, packaging di prodotti; ma anche t-shirt, poster, cartoleria, tessuti per l'arredamento e per la moda, oggetti decorativi. La lista é lunghissima, e ognuno può trovare i suoi canali ideali.

       Una delle prime cose da capire é se siamo dei narratori o dei commentatori. Questo ci dirà se è il caso di buttarci sugli albi illustrati piuttosto che sulle illustrazioni a corredo di articoli di giornale. 
       
       Mi spiego meglio. Uno scrittore e un illustratore hanno in comune la storia. In essa, tendenzialmente, c'é un personaggio che compie azioni in un dato luogo e in un dato tempo, per certe motivazioni.
        La narrazione prevede la sequenzialità. In un libro completamente illustrato, ogni illustrazione é relativa a quella precedente e a quella seguente. Prendo ad esempio il libro illustrato per eccellenza, "Nel Paese dei Mostri Selvaggi" di Sendak. Vi allego il link su Amazon, se non lo avete compratelo o fatevelo imprestare, perchè questo libro é la quintessenza dell'illustrato moderno.
 Faccio finta di non saper leggere e di non conoscere la storia, ed apro il libro in una delle prime pagine.





Vedo una camera da letto. C'é un bambino con uno strano costume da lupo, che guarda dietro di sè, verso la porta chiusa. Si vede che è arrabbiato e indispettito. E' notte, perchè dalla finestra vedo la luna. Ma da tutto questo non capisco altro. Devo curiosare la pagina prima e quella dopo, anzi devo guardarle tutte, per capire come mai quel bambino é così arrabbiato, e cosa farà per sbollire la rabbia.





       Ah ecco: nella pagina precedente, il bambino, armato di forchetta, stava per saltare addosso ad un cagnolino spaventatissimo. Siamo sempre in casa, e sul muro intravediamo un ritratto di un mostro, firmato... Max. Ora sappiamo anche come si chiama il bambino. Possiamo immaginare che il comportamento maligno nei confronti del cane abbia fatto andare su tutte le furie i genitori di Max.         Ecco perchè nella pagina seguente l'abbiamo visto chiuso in camera sua: é una punizione.



Ma andiamo avanti: vediamo la stessa camera, lo stesso bambino, tutto é nella stessa posizione della pagine precedente. Ma é cambiato qualcosa: max ora è calmo, ha gli occhi chiusi, e intorno a sè, nella  camera, stanno crescendo degli alberi. Evidentemente sta immaginando... Infatti nelle tavole successive gli alberi diventano una foresta, i mobili della camera spariscono, e alla luce della luna il bambino-lupo scatena la sua energia selvatica. 

Qui sotto, le tre tavole nella sequenza esatta.




        Ecco il senso della parola sequenzialità. Ci vuole un'attitudine particolare per saper gestire una narrazione di questo tipo. Ad esempio, se nel "cambio" fra una immagine e l'altra i personaggi e l'ambientazione rimangono nella stessa disposizione, con alcuni cambiamenti (vedi Max nella camera, dove cambia l'umore del bambino e iniziano a crescere le piante), é automatico, per l'osservatore, leggere una concatenazione di eventi piuttosto immediata. Se invece personaggi e sfondo sono diversi, o in posizioni diverse, viene percepito un "salto" temporale maggiore, con una relazione di causa-effetto. Come le gag comiche in cui due ladri stanno rubando un gioiello e dicono fra di loro: "non ci scopriranno mai!" ...e un secondo dopo sentiamo la porta della cella chiudersi.

       L'editoria per ragazzi sta dedicando sempre maggior spazio agli albi illustrati, e fra questi sta prendendo piede il libro illustrato senza parole. Vedi Autrement in Francia. Qui la dote narrativa dell'illustratore deve essere necessariamente perfetta, perché non sono ammessi errori. Possiamo paragonarlo ai film muti degli anni '20: azioni e sentimenti sono descritti molto chiaramente, per non creare equivoci.

       Diverso é il discorso per la stampa periodica. Qui non c'é narrazione, ma spiegazione/ commento/ documentazione. L'articolista, non più lo scrittore, spiega ai suoi lettori un argomento di economia, politica, scienze etc, oppure denuncia un fatto grave, o esprime un'opinione su qualcosa.     
       L'illustrazione, in un certo senso, rimane un abbellimento, un corredo. Non é affatto una limitazione, anzi: l'illustratore é chiamato a tradurre visivamente l'argomento trattato, in una immagine che si regge in piedi da sola. Si farà riferimento a simboli riconoscibili, accostamenti di elementi, sostituzioni, l'equivalente visivo di un gioco di parole.  L'immagine si trova in quel posto per attirare l'occhio del lettore che sfoglia la pubblicazione, dando una indicazione visiva immediata dell'argomento;  il titolo e il sottotitolo completeranno la descrizione. L'autonomia artistica é determinante, e saltano subito all'occhio l'intelligenza, l'ironia e la ricchezza visiva dell'illustratore.   
      
       Bisogna nutrire la propria conoscenza degli argomenti trattati, per non basarsi su luoghi comuni e fare errori idioti di cui i lettori si accorgeranno. Per esempio, se vi chiedo da che parte é il cuore, cosa mi rispondete? a sinistra, vero?
 sbagliato.
        Il cuore é al centro, sotto lo sterno, ma batte verso sinistra. Se bisogna illustrare un articolo che parla di medicina, é il tipo di cosa che non si può sbagliare, anche se lo stile usato non é naturalistico.
   
     

ad esempio, per la vignetta egizia che ho messo poco più su non mi sono documentata affatto... e si vede!



       E' necessario anche saper pensare e lavorare velocemente: se per esempio si avvia una collaborazione continuativa con un giornale quotidiano, é ben difficile che l'editore sia in grado di fornirvi l'articolo da illustrare se non a poche ore dalla stampa.

       Occorre dunque saper distinguere bene le proprie capacità, per sapere in che direzione fare i primi tentativi. O meglio, l'ideale sarebbe mettersi alla prova in entrambe le tipologie, e vedere dove ci si trova maggiormente a proprio agio. Quando le cose vengono naturali, é più facile ottenere buoni risultati. 
       Una volta capito questo, il passo successivo é crearsi un portfolio... ma ne parleremo più avanti!





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